domenica 6 aprile 2014

In nylon veritas: resoconto non ufficiale del Sardinian HEMA Championship 2014

Si è appena conclusa (questione di ore ormai) la prima edizione del Sardinian HEMA Championship (SHC) 2014.

Ho già scritto (diverso tempo fa) un post per pubblicizzare l'evento, per cui passerò direttamente al solo con le mie impressioni.

Sembrerà un commento banale, scontato, ma sono molto contento per come si è svolta la manifestazione.
La Sala d'Arme "Le Quattro Porte" ha provveduto doviziosamente a fare in modo che tutto fosse presente e ingranasse al meglio. L'elenco potrebbe andare dalla sede, alle magliette dell'evento, agli arbitri, ai cartellini, al banner del coordinamento HEMA ITALIA che campeggiava sul muro della palestra (gentilmente offerto dal Marozziano Andrea Morini), al fotografo assoldato per bombardare di foto i pensierosi schermidori, al logo dell'evento, al sito web, alla pagina su Facebook, all'ambulanza sul posto (presso cui si è fatto uso assai abbondante -almeno da parte mia- di essenziale spray al ghiaccio!), alla campanella di fine combattimento, ai diplomi rilasciati a fine evento (per tutti i partecipanti), all'essenziale supporto per l'assicurazione, ai segnali "Dunlop" per la demarcazione del ring, alle attrezzature (maschere o corpetti che fossero) prestati a chi ne era totalmente sprovvisto (a mio giudizio un favore non da poco). Al rinfresco finale e ai bellissimi premi (tre pergamene vergate a mano, con bollo in ceralacca, e disegni in foglia oro, argento e bronzo se non vado errando). Insomma l'elenco è lungo e quello che ho fatto io è sicuramente manchevole di diversi elementi. Grande merito alla Sala d'Arme per aver reso possibile questo evento, il primo (ufficiale) in Sardegna.

Ci sono alcune cose, indipendenti dall'organizzazione, che ho apprezzato:
La partecipazione di quasi tutti gli attuali praticanti Sardi di scherma medioevale.
L'onestà e la compostezza che hanno mostrato (chi più chi meno, sempre tenendo un alto livello) i partecipanti al torneo.

Queste son cose non controllabili da chi organizza, e che possono andare bene o male. In passato (non mi riferisco ad eventi accaduti in Sardegna) ho avuto modo di assistere a comportamenti poco edificanti o addirittura equivoci durante alcune manifestazioni schermistiche, che mi hanno fatto rivalutare la mia partecipazione in certi ambiti.
Nulla di tutto questo è accaduto in questo torneo, e ciò mi rende estremamente felice.

Il torneo è stato un modo per riunire, finalmente, tutti i praticanti Sardi di scherma medioevale (ma sì chiamiamola HEMA) sotto un unico tetto. Praticanti che già si conoscevano di vista o comunque superficialmente, e che hanno avuto modo (finalmente) di scambiarsi opinioni, complimenti, informazioni o suggerimenti.
Questo senza alcun sentimento di campanilismo di questa o quella palestra (o gruppo): cosa assai rara quanto sbalorditiva in Sardegna. C'è stato un proficuo scambio di conoscenze (e di mazzate) fra tutti quelli che sono entrati sul ring, con annessa scorpacciata di ematomi.
La possibilità di combattere contro "persone nuove" è servita indubbiamente a molti novizi a capire come si possa tirare di scherma in modi totalmente diversi, pur utilizzando il medesimo oggetto.
Da parte mia posso ritenermi soddisfatto per i risultati conseguiti dal mio gruppo di compagni di lama. Ho assistito a diversi colpi di scena inaspettati, segno di un miglioramento della tecnica rispetto al passato. Purtroppo la dea bendata non è stata particolarmente benevola, avendoci fatto scontrare prevalentemente tra di noi nei primi gironi. Personalmente invece mi è andata abbastanza bene in quanto agli inizi ho potuto combattere sempre contro persone non appartenenti al mio gruppo. Tra un acciacco e l'altro son riuscito a fermarmi al 4° posto. Andrea Garau, che aveva già vinto il Torneo del Liofante del 2013 (sia in camicia che in armatura) si è classificato al 2° posto, dopo una combattuta semifinale e un altrettanto bella finale con il vincitore, Marco Angioni, della Sala d'Arme che ha organizzato l'evento. Daniele Manunza (sempre della Sala d'Arme) invece si è posizionato al 3° posto.
Mi sarebbe piaciuto condire questo post di filmati fatti al torneo, ma il programma di videomaking mi ha piantato in asso, lasciandomi con degli ingestibili files che riesco solo a vedere, e che Facebook mette un eternità a caricare. Spero di poter risolvere a breve il problema, magari caricandoli su Youtube. Prevalentemente si tratta di filmati (registrati dalla nostra camerawoman Valentina Cutaia) in cui combatto io o comunque sempre qualcuno dei miei compagni, questo perché batteria e schede SD per la (mia) videocamera sono limitate.
Forse questo è un punto che si può migliorare per il futuro, ma non sembra un grande problema visto che realtà ben più affermate della nostra non hanno mostrato un "servizio di videoregistrazione" migliore.
Tra le tante cose su cui bisognerà lavorare (pure molto, ma sono state appena buttate le basi) è che bisognerà fare in modo che molte più persone si attivino per procurarsi protezioni da scherma adeguate all'uso delle Federschwert (si spera) di prossimo utilizzo. Quest'anno per venire incontro alle esigenze di tutti, ben protetti o no, sono state utilizzate le spade in nylon della Rawlings, con tutti i difetti e i vizi che si portano dietro. Come ho già detto a qualcuno: "non si impara a correre dall'oggi al domani, e ci arriveremo un passo alla volta". Questa non è una negazione, ma una promessa.
Un saluto e alla prossima!
Salude!

Liberi pensieri post-torneo


(Foto di Alessandro Gennari da http://pianetascherma.com)

Perché si partecipa ad un torneo?
I più solitamente rispondono "per vincere ovviamente!"
Posto che vincere è un obbiettivo sempre valido (francamente non ho mai digerito la storia del "si gioca per partecipare"), in realtà la partecipazione ad un torneo ha ben altre finalità, per quanto noi possiamo ignorarle. Anzi, la consapevolezza di queste finalità ci aiuterebbe a sfruttare di più questi eventi. In un torneo il vincitore è uno e solo uno. Sempre. Potrete vincere questo o quel combattimento, ma ci sarà sempre qualcuno che vi farà mangiare la polvere.

Perché partecipare ad un torneo di combattimento, anche se si è dei novizi?
Ebbene la risposta è semplice. Sopratutto i novizi dovrebbero partecipare ai tornei (una volta apprese le basi necessarie per non finire come una banana nel frullatore!).

Sono i tornei che ci permettono di confrontarci con combattenti "nuovi", di cui non conosciamo le abilità.
Sono i tornei che ci permettono di rubare nuove tecniche da studiare e sperimentare in futuro.
Sono i tornei che ci mettono di fronte a persone di cui non sappiamo nulla, permettendoci di sviluppare (in modo graduale) quella lucidità mentale che abbiamo "fatto nostra" combattendo con i nostri abituali sparring partner.
Sono i tornei che ci mettono di fronte all'inaspettato e all'imprevedibile. Combattere sempre con le stesse persone crea feeling, rende possibili molte cose, ma ne preclude altre. Conoscere perfettamente i movimenti del nostro compagno, quando e come colpirà, non ci semplificherà l'esperienza con dei perfetti estranei.
Sono i tornei che mettono ripetitivamente il novizio (quanto il combattente navigato) di fronte alla stessa sensazione che si prova quando si prende l’arma in mano per il primo, vero, combattimento.
Sono i tornei che permettono di crescere, come persone e come marzialisti.
Sono i tornei che presentano i colpi di scena più inaspettati, che rendono lo sport degno di essere vissuto, è nel confronto, nello scambio e perfino nella sconfitta che si apprende qualcosa.
Sono i tornei che formano i novizi troppo promettenti, che hanno vinto quasi sempre o che si sentono particolarmente baldanzosi. La "sbruncata" in terra (sbattere il muso), per dirla "alla Sarda" è l'unica medicina per questi casi.
Sono i tornei che ci ricordano come anni di lavoro possono essere bruciati per un ritardo infinitesimale nel dare un colpo. Non importa quante migliaia di colpi siano stati provati negli innumerevoli allenamenti.
Sono i tornei che ci fanno scendere da quelle pedane immaginarie che ci creiamo nelle nostre ristrette realtà a porte chiuse.
Sono i tornei che ti aprono "un mondo".
Sono i tornei che ti sbattono di fronte la realtà. Quanto ti sei allenato e quanto ci hai dedicato.
Il dio del combattimento è insensibile alle suppliche e avaro nell'elargire premi.
Non esistono giustificazioni di fronte ad un colpo che ti arriva dritto in piena faccia senza che tu sia riuscito manco a vederlo.
"Ero stanco", "ero distratto", "mi faceva male questo o quello", "mi ingombravano le protezioni". Sono solo cazzate che ci diciamo per attenuare la delusione della sconfitta.
Perché in fin dei conti, il vero scopo di un torneo non è combattere con qualcun altro.
Scendiamo nel quadrato per combattere con noi stessi. L'avversario è solo il mezzo, unico e necessario, per fare da tramite con la nostra immagine speculare.
Siamo noi l'avversario da sconfiggere e da domare.
Una volta raggiunta questa consapevolezza, questo stato di "pace mentale" il più è fatto.

Allora, e solo allora, il dio del combattimento (avaro ma giusto) ci darà quel che ci spetta.