martedì 25 agosto 2009
Degno di una produzione hollywoodiana
Ci sono poche cose nella vita che possono dare soddisfazioni.
A volte è superare un'esame, altre volte vincere qualcosa... per me invece, che dedico totalmente il mio tempo libero allo studio della civiltà nuragica, poter vedere il frutto del lavoro di parecchi anni di studi, mi ha veramente commosso...e sbalordito.
Ma lascerò giudicare a voi... perchè almeno qualitativamente, le immagini sono una bomba.
"Cala la sera sul villaggio nei pressi del monte argento.
Tra le capanne ancora in costruzione si agitano delle figure, un guerriero cornuto esce dal varco in costruzione della capanna senza tetto, passa e scivola silenzioso tra i compagni seduti sui sedili di fronte al fuoco.
Atzen si ferma e dà una pacca sulla spalla al guerriero che sembra addormentato, è ora di andare.
Eloi non sta dormendo. Riflette profondamente. Prende coraggio e si fa forza, sa che passerà molto tempo prima di poter nuovamente vedere la sua sposa.
Cinge l'elmo adornato con il folto pennacchio e guarda la sua donna.
Con gesti misurati ella sta riempendo una ciotola da scaldare sul fuoco. Un ultimo veloce pasto prima dell'ultimo addio.
E nonostante sia impegnata, lo guarda, compassionevole. Gli dice con parole mute: "non mi lasciare", "non mi abbandonare".
Ma Eloi sa che non può esimersi dal dover versare il sangue per la sua gente. Sa di dover fare la sua parte, come tutti in caso di necessità; è un guerriero, e morirà combattendo, se il fato, il re o la lancia di qualche nemico lo chiederanno...
Intanto Tubruk, il capo, finisce di allacciarsi gli schinieri di cuoio. Per lui non c'è molta scelta. Una vita di patimenti e di sogni infranti. Nel suo sguardo si legge la cieca determinazione di chi non ha più nulla da perdere.
La piccola Femu smette di lavorare alla macina. Cerca di trattenere le lacrime di fronte al suo futuro sposo Atzen. Non sa che lui l'osserva ansiosamente mentre si rifugia, costernata, dentro la capanna.
Il gruppo è pronto ad incamminarsi verso i confini. Per ultimo, un giovane guerriero viene strappato dal suo mercanteggiare con un venditore cananeo.
Eloi non si volta, lascia dietro di sè le sue capanne, i suoi beni, la sua donna, la sua vita. Sa che molto probabilmente per lui non vi sarà nessun ritorno".
Beh, piaciuta? ammetto di essermi lasciato trasportare dall'immaginazione e di aver ecceduto un pò con la fantasia.....oppure no?
Mi sembra inutile dirvi di rimanere collegati per futuri, imminenti, aggiornamenti...
domenica 16 agosto 2009
La marcia dei Diecimila
I Diecimila.
Chi ha letto l'Anabasi di senofonte non esiterà nel ricordare l'esercito mercenario di diecimila opliti greci, e della loro pericolosa "marcia verso l'interno".
Diecimila, che in fin dei conti non lo furono mai effettivamente.
Il loro numero, infatti, oscillava intorno ai 13.000 quando erano all'apice della loro marcia, per poi ridursi, drasticamente, sempre di più, sino alla loro separazione.
Nel suo bellissimo romanzo, "L'armata Perduta", Valerio Massimo Manfredi eguaglia ancora una volta sè stesso. Lo stesso autore de "Lo scudo di Talos" e de "il Tiranno", raggiunge nuovamente l'apice della bellezza stilistica ed emotiva, con un romanzo forte, ineguagliabile.
Ma il punto di vista questa volta è diverso, è il punto di vista di una donna. Pensiamo a quanto possa essere difficile per un'uomo pensare, capire, esprimersi come una donna. Una donna forte, certo, capace di indossare l'elmo e di cavalcare se il caso lo richieda, di immergersi nella fanghiglia del fiume per scoprire di persona inquietanti verità, capace di affrontare i soldati dell'armata a muso duro, se il caso lo richieda, ma anche di essere dolce e comprensiva con quello Xeno (Xenophon...Senofonte!) che nel racconto originario, veniva citato in terza persona, pur essendone lui stesso l'autore.
Eppure, checchè ne dicano le malelingue, o i fans delusi, Manfredi riesce ancora una volta ad emozionare, coinvolgere, immedesimare il lettore. Ci ritroviamo anche noi a marciere insieme ai mantelli rossi, assieme alle prostitute ed alle puttane, ai servi ed agli animali da soma. Assieme a quel corpo unico e compatto che affrontò una marcia massacrante non tanto per entrare nel cuore dell'impero Persiano, aprendo la strada ad un'uomo cui il nome rieccheggia come sinonimo di grandezza, ma quanto per uscirne, per rivedere quell mare tanto agognato, per esplodere nell'urlo liberatorio che corona il successo, "Thalassa, Thalassa!".
Un romanzo unico ed irripetibile, che cattura sin dalle prime pagine. Una narrazione avvincente, che mescola elementi tipici del romanzo poliziesco, scaturiti dall'attenta riflessione sul panorama socio-politico che caratterizzava quegli anni. Dubbi sull'itinerario e sul perchè di quel continuo, accanito pedinamento degli stremati diecimila.
Un romanzo che sa esaltare e commuovere, sino al sorprendente finale...
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