In questi anni ho
avuto la fortuna di assistere in prima persona all’evoluzione della scherma medioevale
nell’ambiente della rievocazione storica Sarda. Occorrerà anzitutto spiegare
cosa si intende per tale disciplina. La scherma storica è quella particolare
arte marziale che fa parte da tempo immemore della nostra cultura e delle
nostre tradizioni. Quando si pensa alle “arti marziali” più un generale si immagina
il Kung-Fu, lo Judo o il Karate, senza considerare che l’occidente ha una
tradizione di combattimento a mani nude e “in armi” di diverse migliaia di
anni. Purtroppo però a differenza dell’oriente, con l’avvento delle armi da
fuoco, l’occidente ha rapidamente accantonato l’uso delle armi bianche, se non
in modo limitato per la pratica sportiva e in misura nettamente minore per la
difesa personale. La scherma medioevale si basa, ovviamente, sull’uso delle
armi caratteristiche di tale periodo, ovvero la spada a due mani e la spada ad
una mano, assai diverse dall’elegante sciabola o dal fioretto.
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Da sin: Spada ad una mano "storta", falcione ad una mano e mezza, falcione dritto ad una mano/una mano e mezza e spada ad una mano e mezza. |
Tale disciplina viene
applicata secondo due correnti di pensiero: chi la utilizza nei circuiti delle
palestre delle A.M. (Arti Marziali) e chi la mette in pratica “sul campo”
ovvero durante le manifestazioni di rievocazione storica. La compagnia di cui
sono socio, la Memoriae Milites, pratica da diversi anni entrambe. La
differenza fondamentale tra le due è che la prima non richiede l’uso di
armature “storiche” ma predilige i materiali sintetici per proteggere il corpo
e perfino per le stesse armi. La seconda essendo finalizzata a scopi didattici,
impone l’uso di attrezzature quanto e più possibilmente filologiche. Ovvero
cuoio e acciaio. Nettamente diversa è anche la preparazione atletica richiesta.
Usare un armatura significa allenare il proprio fisico a sopportare un peso
aggiuntivo di una trentina di chili, ridurre notevolmente la propria capacità
di movimento e la stessa visibilità. Finanche la respirazione. Chiuso dentro
una gabbia di imbottiture, cuoio e metallo, il combattente diventa come un
motore con addosso una coperta. Il corpo si regola per aumentare la sudorazione
e ridurre la temperatura corporea. L’aria inizia a mancare e la cassa toracica
non può compiere i normali movimenti di espansione perché segregata
dall’armatura pettorale. Sono condizioni che mettono alla prova il fisico e la
mente, dando solo una vaga impressione di cosa poteva provare un cavaliere del
tempo nell’avanzare in un terreno fangoso sotto il tiro costante degli arcieri
nemici. Sembrerà superfluo puntualizzarlo, ma in Europa e specialmente nei
paesi dell’est, questo tipo di rievocazione storica è motore trainante di
diversi eventi, come il Grunwald o il ben più famoso Battle of the Natios, in
cui i team di diverse nazioni si battono in duelli singoli e di gruppo per
raggiungere il podio. In Sardegna purtroppo questo tipo di rievocazione stenta
a decollare. Sono pochissimi i gruppi che si occupano di tale disciplina e se
fossero in numero maggiore potrebbero tranquillamente pensare di poter
allestire eventi di grande interesse turistico. Lo scontro tra diverse fazioni
di combattenti renderebbe il tutto più dinamico ed ogni volta diverso, avvincente quasi come una manifestazione
sportiva.
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Firenze, Giochi di Carnasciale 2012. L'arborense Fighting Team della Memoriae Milites al completo
(Foto By Gioacchino Sparrone). |
La portata turistica
di simili eventi è palese. La prova ne è il torneo che si sta organizzando in
questi giorni per i “Giochi di Carnasciale”, a Firenze, dove la nostra
associazione, la Memoriae Milites, è stata invitata a partecipare. Cinque
duellanti andranno a difendere con la spada e lo scudo le buone posizioni
ottenute nel primo Torneo “Ermete” svoltosi l’anno scorso a Fiesole, e terranno
ben alto il nome del giudicato di Arborea e della Sardegna nell’ambiente della
scherma storica a contatto pieno.
Alessandro Atzeni.
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Torneo di Fiesole 2011. La M.M. assieme ai combattenti di altri gruppi invitati. |
(Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista bilingue "Lacanas". Anno X, numero 55, II 2012. Pag. 44, 45, 46, 47 )