Di Alessandro Atzeni
L'impegno dell'autore nel volontariato culturale e nell'archeologia è stato tale da permettergli di scoprire (2013) assieme al collega S. Garau, una Tomba dei Giganti non censita in territorio di Niu Crobu (Quartu S. Elena), poi accertata come tale dalla soprintendenza. |
Fusione sperimentale del vetro, come poteva essere realizzata alla fine del periodo nuragico. Ass. Memoriae Milites, in foto: Alessandro Atzeni. Manifestazione "ArcheoFonni", Gremanu (06/09/2015). |
Oltre alle sperimentazioni metallurgiche, molto è stato fatto con l'associazione Memoriae Milites di Cagliari. Con l'associazione ho imparato la scherma storica, in particolare come si combatteva anticamente durante il periodo romano e medioevale, oltre alla rievocazione, che include la ricostruzione storica e l'approccio alla riproposizione in chiave pratico-didattica di periodi ormai dimenticati. Penso che tutte queste esperienze mi abbiano dato delle buone basi metodologiche e pratiche su come eseguire degli studi inerenti in maniera indipendente. Puntualizzare questo percorso fatto è fondamentale, in quanto leggo continuamente di altri cosiddetti "studiosi indipendenti" che privi di qualsiasi preparazione, finanche la più basilare (un diploma, un corso di arti marziali, un qualche tipo di riconoscimento), pretendono di esporre le proprie idee e personalissime ipotesi riguardo il combattimento in antichità, l'arceria o la metallurgia, come de avessero la verità in tasca.
Ma passiamo dunque al vero tema di questo post.Alcuni scatti del percorso marziale intrapreso in un decina di anni di pratica. La scherma storica (HEMA), riconosciuta a livello nazionale ed Europeo (Stage di Scherma Tedesca, 19/12/2014). |
Manifestazione per S. Efisio Martire, "IN LOCO QUI DICITUR NURAS" (Pula 21/04/13), dimostrazione di combattimento romano simulato. Ass. Memoriae Milites, foto di Andrea Mereu. |
La scoperta dei combattenti di Monte Prama.
Siamo in Sardegna, nell'Oristanese, in una regione semi-desertica e bellissima chiamata "Sinis". Il comune è quello di Cabras, la località è Mont'é Prama, "Il Monte delle Palme".
Alle pendici di questo colle, anticamente coperto da palme nane (da cui il luogo prende il nome), negli anni '70 vennero rinvenute, da due contadini che stavano arando i campi, delle misteriose statue.
La scoperta fu talmente eccezionale da richiamare gli studiosi Sardi in lungo e in largo. Il più famoso archeologo dell'Isola, Giovanni Lilliu, si recò personalmente per visionare i preziosi reperti, il primo esempio di statuaria nuragica di grandi dimensioni fino ad allora ritrovata. Vennero compiute diverse campagne di scavo e alcuni dei reperti vennero esposti nel museo archeologico di Cagliari, alcune foto dei migliori pezzi campeggiarono nei libri e negli articoli scientifici del tempo. Nonostante tutti questi sforzi però, le centinaia di reperti frammentati vennero conservati nei magazzini della Soprintendenza Archeologica, in attesa di tempi migliori. Stesso dicasi per i reperti ossei degli inumati della necropoli, conservati in Toscana. Dopo circa una quarantina di anni, in cui si susseguirono gli studi e le ipotesi al riguardo, finalmente le statue vennero raccolte nel neonato centro di restauro di Li Punti a Sassari. Qui le statue nel 2006 furono per la prima volta esposte direttamente al pubblico, ed è qui che potei vedere i primi pezzi: da questo punto iniziò la mia ricerca.
Per chi fosse interessato ad avere maggiori informazioni sulla storia di Mont'é Prama, consiglio il recente libretto edito dalla Carlo Delfino Editore, oltre alla brevi guide di Carlo Tronchetti e del Bernardini, oltre naturalmente a testi più impegnativi, come "Giganti di Pietra", dei quattro archeologi che hanno scavato il sito, ed il trittico della Gangemi Editore, dal costo non indifferente, ma imprescindibile per chi desiderasse seriamente studiare l'argomento.
Alcuni anni prima e mentre le statue venivano portate al centro di restauro ed i "Giganti" iniziavano ad essere assemblati, io dedicavo il mio tempo con l'associazione Memoriae Milites di Cagliari, allo studio della scherma storica medioevale, del combattimento militare romano e gladiatorio, ed alla riproposizione della rievocazione nuragica: non una semplice riproposizione di costumi vestiti da manichini, cosa già approcciata da altri studiosi prima di noi (Carmine Piras, Angela Demontis), ma una vera e propria rievocazione storica, sul campo, di abiti civili e militari, oggettistica, pratica di tiro con l'arco, combattimento attivo con bastoni, asce, spade e scudi, di attività manuali come la fusione del bronzo (in seguito anche del vetro, per la prima volta in Sardegna riproposto sperimentalmente dal sottoscritto durante una rievocazione storica nel sito di Gremanu a Fonni nel 2015) e la lavorazione del cuoio bollito, e via elencando. Sono stati anni per me indelebili e fruttuosi sotto tantissimi aspetti. Questo blog, nato allo scopo, ne è la prova diretta. Decine e decine di rievocazioni di questi tre periodi storici: combattimenti gladiatori all'Anfiteatro Romano di Cagliari, battaglie simulate tra schiere di fanti romani, una decina o più di "Tornei del Liofante" (tornei di scherma medioevale in armatura), senza poi parlare di tutte le rievocazioni nuragiche presso i più importanti siti archeologici dell'isola: Santu Antine di Torralba, Su Nuraxi di Barumini, Gremanu a Fonni, Nuraghe Diana a Quartu S. Elena, Nuracale di Scano Montiferro, Nolza di Meana Sardo, Lugherras di Paulilatino. Questo oltre alle decine di conferenze, esposizioni e presentazioni presso i più diversi comuni e musei Sardi: Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, Museo di Senorbì, Comune di S. Antioco, Fiera del Libro di Torino, Giornate Nazionali dell'Archeologia Francese (Bastia, Corsica) scuole, e via elencando. Tutto è documentato: al riguardo Potete trovare un elenco nella pagina "Eventi" del sito della Memoriae Milites e nel blog dedicato, oltre che naturalmente su questo stesso blog che state leggendo.
Rievocazione di ipotetico combattimento nuragico, sito UNESCO Su Nuraxi di Barumini, Barumini EXPO (14/12/2014), Ass. Memoriae Milites, rievocatori: Andrea Garau e Alessandro Atzeni. |
"Davvero tanto si può scoprire anche solo costruendo dei simulacri delle armi e degli scudi per provare qualche azione in duello e (soprattuto) in mischia; provando a fondere di nuovo delle spade e a fare delle prove di taglio; verificando come le armature potevano essere portate e che movimenti consentivano. Servono nuove prove, servono studi ad ampio raggio, confronti, idee e, naturalmente critiche. Tante critiche."
Massimo Fenu (2007) "I guerrieri Shardana: Il Combattimento dei Guerrieri dei Bronzetti nuragici. Un'ipotesi di ricostruzione".
Da quelle parole presi spunto per la redazione della mia tesi di laurea Antropologica, in cui infusi tutte le possibili conoscenze applicabili alla materia: lo studio dei traumi sui reperti osteologici nuragici, la ricostruzione delle armi e degli armamenti indossati e usati da quei guerrieri che avevano subito i traumi, la sperimentazione schermistica in palestra, i cut-test e le prove di taglio con le armi, i cut-marks (segni di taglio) ed i segni stessi lasciati sulle armi, e via elencando. Tutto si riunì nella mia tesi di laurea, che la mia relatrice in archeologia, Anna Depalmas, definì "Pioneristica". Il numero limitato di pagine dedicabili alla tesi purtroppo mi impedì di realizzare una più ampia trattazione del tema, la quale era il mio vero obbiettivo. Con pazienza, riposi il più ampio testo nel mio solito cassetto e continuai a fare le mie ricerche, anche dopo la tesi, che ora è gratuitamente disponibile su internet sul sito di Academia.edu, da cui potete scaricarla.
La copertina della mia Tesi di Laurea. Il file completo può essere scaricato iscrivendosi sul sito academia.edu e visitando la mia pagina al seguente link. |
Ebbene, è stato durante la redazione di questo mio scritto, che sono emerse delle evidenze strabilianti riguardo le statue dei "Pugilatori", ai quali ho dedicato più di un capitolo del già menzionato libro, finalmente in pubblicazione con la casa editrice Condaghes: "Gherreris, dai bronzetti alle statue di Mont'é Prama".
Bisogna specificare cosa sono i "pugilatori": con questo nome vengono chiamate le particolari figure presenti tra le statue di Mont'é Prama (e tra alcuni bronzetti), dotate di un ampio scudo rettangolare portato sopra la testa, e di un anomalo guantone borchiato, paragonabile, ma diverso nella forma, ai caesti (cesti) utilizzati nell'antico pugilato romano. Queste figure vengono considerati dalla maggior parte degli studiosi, dei pugili, anche se alcuni hanno proposto i ruoli più disparati: assaltatori di nuraghi, fedeli con un velo sopra la testa, corridori, cuoiai, e via dicendo.
Copertina del libro "Gherreris: dai Bronzetti alle statue di Mont'e Prama", di Alessandro Atzeni, editrice Condaghes (in uscita a natale 2016), all'interno vi è un vasto ed approfondito studio sull'argomento, a cura del sottoscritto. Il libro può anche essere acquistato online, al seguente Link. |
Effettivamente il nome "pugilatori" lascia disorientati. Com'è possibile che dei pugili abbiano bisogno di uno scudo per combattere con le mani? A fare dei paragoni con altre culture umane, effettivamente quelli da Mont'é Prama sarebbero gli unici combattenti di pugilato nell'intera storia umana ad aver introdotto degli scudi in questo tipo di confronto. A lungo si è sostenuto (ed io pensavo lo stesso) che lo scudo fosse utile a riparare il combattente dai colpi sferrati dall'avversario con il pericoloso guanto armato, dotato delle letali borchie.
La possibilità di vedere nelle statue, in dimensioni molto maggiori, i dettagli altrimenti abbozzati nei bronzetti, assieme ai dati forniti dall'analisi antropologica degli inumati, ha creato le condizioni favorevoli per arrivare alla scoperta che vi andrò ad esporre.
Durante la scrittura del mio testo "Gherreris", essenzialmente un'analisi dei guerrieri nuragici da un punto di vista marziale, rievocativo e ricostruttivo, ho dedicato ampie pagine alla trattazione dei così detti "pugilatori".
Quale era il loro ruolo? Come combattevano? Possiamo ricostruire questo stile di lotta? Erano queste le domande a cui cercavo di dare una risposta. Come sempre, nel mio metodo di indagine, l'approccio ricostruttivo, quasi di archeologia sperimentale, doveva seguire due vie: una materiale, la quale prevedeva di analizzare i reperti per poi realizzarli da zero. L'altra immateriale, la più difficile, che avrebbe coadiuvato la ricostruzione e dimostrato la sua possibile funzionalità: saper effettivamente riproporre un combattimento di pugilato antico. Ho quindi iniziato a studiare come si svolgessero i combattimenti di pygmachia, pancrazio e pugilatus: diverse espressioni del combattimento greco-romano, come è stato ricostruito dai diversi esperti del settore. Ho dedicato un anno a studiare come si colpisse efficacemente con la mano nuda, grazie agli insegnamenti della dirty boxing filippina e dell'escrima, per il quale devo ringraziare il mio istruttore, Fabio Cinesu. Tutte le prove portavano in un altra direzione, diversa da quella che mostravano i vari ricostruttori di pugilatori sardi, i quali li interpretavano come pugili moderni con addosso degli abiti antichi. Nel mentre che svolgevo questa esperienza marziale, tratteggiavo progetti su come realizzare i guanti armati dei pugilatori ed i loro scudi, passavo le serate cucendo il cuoio delle repliche, o modellandolo sugli stampi, ed intanto analizzavo le relazioni degli antropologi sugli scheletri della necropoli, o degli archeologi sui dettagli rinvenuti nelle statue. Perché queste presentavano dei segni di taglio? Alcuni sostenevano che tali tagli fossero il risultato della distruzione operata sulle statue in periodo cartaginese. Le relazioni archeologiche però affermavano chiaramente che tali tagli fossero stati prodotti volontariamente dalle mani degli scultori nuragici, i quali li avevano riempiti con dell'ocra rossa, quasi a simulare delle ferite in combattimento. Ferite stranamente presenti anche nei resti ossei degli inumati, insieme alle modifiche scheletriche dovute da incessanti allenamenti: degli atleti che combattevano in maniera cruenta, insomma. Tutte le evidenze spingevano verso l'interpretazione dei pugilatori-atleti, impegnati in cruenti giochi sacri, secondo quanto aveva già ipotizzato il Lilliu per i bronzetti omologhi.
Questa interpretazione, sostenuta peraltro da diversi archeologi, come il Tronchetti, mi apparve chiara proprio durante la ricostruzione del guantone dei pugili.
Ero finalmente riuscito a realizzare una sfera in cuoio indurito che si adattasse alla mano, come mostravano i bronzetti da Dorgali e da Vulci. Il para-avambraccio completava il tutto. Mancava solo una cosa: era necessario inserire le letali borchie che rendevano i caesti nuragici delle vere e proprie armi.
Purtroppo incappai in un problema apparentemente irrisolvibile, non esistevano reperti di borchie nuragiche in bronzo combacianti con quanto si poteva osservare nelle statue di Mont'é Prama. Possibile? Effettivamente erano stati rinvenuti negli scavi archeologici presso varie località dell'isola dei "bottoni" emisferici, ma questi erano stati interpretati dagli archeologi come ornamenti, quasi dei gioielli. I nuragici avevano particolare gusto per gli oggetti in bronzo, meno per quelli in oro ed argento, ritrovati in maniera nettamente inferiore.
Quale era dunque la soluzione?
La mezzaluna borchiata ipotizzata dall'artigiano Carmine Piras, osservata nella sua ricostruzione esposta al suo tempo all'Antiquarium Arborense ed in altre mostre temporanee non mi convinceva: nulla di simile era mai stato rinvenuto, e lo stile di combattimento ipotizzato era essenzialmente moderno, laddove invece nel pugilato antico venivano prediletti i pugni a martello, come gli esempi dei guantoni da Mont'é Prama sembravano confermare:
Al di sotto di una sfera di pelle assolutamente liscia, infatti si osservava una stanghetta ad L (forse di legno?) con un'insolita e singolare borchia piramidale. Questo dettaglio si ripeteva ossessivamente anche nelle altre statue, e a ben vedere, anche nei bronzetti, pure se era stato frainteso da chi ne aveva fatto le varie descrizioni, disegni o ricostruzioni.
Non avevo mai osservato borchie piramidali in bronzo di accertata origine nuragica, ne resti in materiali deperibili conservatisi fortunatamente. Esistevano i già citati "bottoni" emisferici, ma questi erano totalmente dissimili. In pratica, non esistevano reperti paragonabili a quello che vedevo.
Fu durante la ricostruzione dell'elemento a stanghetta che l'intuizione mi colpì, devastante come un fulmine:
quell'elemento ligneo ad L che avevo ricostruito e che cercavo vanamente di collocare in un guanto sferico non era parte di una borchia metallica.
Si trattava della guardia di un cosiddetto pugnale ad elsa gammata.
Ecco perché i "pugilatori" presentavano traumi da combattimento, ma stranamente poche fratture dovute all'uso di simili guantoni. Ecco perché sulle statue si osservano i chiari segni delle pugnalate riempite di color rosso ocra, ed ecco perché i "pugilatori" usano uno scudo. Non dovevano difendersi dalle botte di un ipotetico guanto da pugilato borchiato, ma dalle letali pugnalate che cercavano reciprocamente di assestarsi.
Questo spiega il perché ci si trovi di fronte ad una necropoli con individui deceduti tutti più o meno in giovane età, con delle statue (ora è chiaro) che li raffigurano.
Quelli di Mont'é Prama non erano, pugili o pacifici atleti,
erano veri e propri gladiatori, stranamente tutti appartenenti a famiglie imparentate tra loro (quindi non degli schiavi) fatti combattere per delle specifiche ragioni, che forse solo la ricerca scientifica ci potrà spiegare.
Personalmente ho voluto dare il mio semplice contributo, come Dottore in Scienze Naturali, come rievocatore, ricostruttore, marzialista ed archeologo sperimentale.
Credo fermamente che la ricerca scientifica, specialmente l'archeologia, debba avvalersi il più possibile di altre discipline utili a fornire un quadro più completo di quanto viene studiato.
La rievocazione storica ad alti livelli, unita alle pratiche delle arti marziali storiche, della ricostruzione dei manufatti antichi e della loro interpretazione mediante i metodi dell'archeologia sperimentale (non la semplice realizzazione di manufatti artigianali) può ancora fornirci delle risposte, o almeno delle possibili ipotesi, sul nostro passato più remoto.
In fede,
Alessandro Atzeni
Reading, Inghilterra (UK).
09/11/2016
La scoperta dei "Gladiatori di Mont'é Prama" è già stata pubblicata in anteprima sulla rivista "Lacanas" nel settembre 2016, ed è contenuta nell'ampio volume, edito ora dalla Condaghes: "Gherreris, dai bronzetti alle statue di Mont'é Prama", assieme ad altre innovative scoperte sulla civiltà nuragica. Sotto sono disponibili i link alle due pubblicazioni:
Link all'articolo "Ecco le nuove scoperte di Mont'e Prama: pugilatori o gladiatori?" pubblicato su "Lacanas".
Link alla pagina del libro "Gherreris - dai bronzetti alle statue di Mont'e Prama", sul sito web della casa editrice "Condaghes".
Link alla pagina del mio sito web sul libro, con ulteriori approfondimenti al riguardo.
Il libro può essere acquistato online su Amazon.it
Il libro può essere acquistato online su sarIBS
La possibilità di vedere nelle statue, in dimensioni molto maggiori, i dettagli altrimenti abbozzati nei bronzetti, assieme ai dati forniti dall'analisi antropologica degli inumati, ha creato le condizioni favorevoli per arrivare alla scoperta che vi andrò ad esporre.
Durante la scrittura del mio testo "Gherreris", essenzialmente un'analisi dei guerrieri nuragici da un punto di vista marziale, rievocativo e ricostruttivo, ho dedicato ampie pagine alla trattazione dei così detti "pugilatori".
Quale era il loro ruolo? Come combattevano? Possiamo ricostruire questo stile di lotta? Erano queste le domande a cui cercavo di dare una risposta. Come sempre, nel mio metodo di indagine, l'approccio ricostruttivo, quasi di archeologia sperimentale, doveva seguire due vie: una materiale, la quale prevedeva di analizzare i reperti per poi realizzarli da zero. L'altra immateriale, la più difficile, che avrebbe coadiuvato la ricostruzione e dimostrato la sua possibile funzionalità: saper effettivamente riproporre un combattimento di pugilato antico. Ho quindi iniziato a studiare come si svolgessero i combattimenti di pygmachia, pancrazio e pugilatus: diverse espressioni del combattimento greco-romano, come è stato ricostruito dai diversi esperti del settore. Ho dedicato un anno a studiare come si colpisse efficacemente con la mano nuda, grazie agli insegnamenti della dirty boxing filippina e dell'escrima, per il quale devo ringraziare il mio istruttore, Fabio Cinesu. Tutte le prove portavano in un altra direzione, diversa da quella che mostravano i vari ricostruttori di pugilatori sardi, i quali li interpretavano come pugili moderni con addosso degli abiti antichi. Nel mentre che svolgevo questa esperienza marziale, tratteggiavo progetti su come realizzare i guanti armati dei pugilatori ed i loro scudi, passavo le serate cucendo il cuoio delle repliche, o modellandolo sugli stampi, ed intanto analizzavo le relazioni degli antropologi sugli scheletri della necropoli, o degli archeologi sui dettagli rinvenuti nelle statue. Perché queste presentavano dei segni di taglio? Alcuni sostenevano che tali tagli fossero il risultato della distruzione operata sulle statue in periodo cartaginese. Le relazioni archeologiche però affermavano chiaramente che tali tagli fossero stati prodotti volontariamente dalle mani degli scultori nuragici, i quali li avevano riempiti con dell'ocra rossa, quasi a simulare delle ferite in combattimento. Ferite stranamente presenti anche nei resti ossei degli inumati, insieme alle modifiche scheletriche dovute da incessanti allenamenti: degli atleti che combattevano in maniera cruenta, insomma. Tutte le evidenze spingevano verso l'interpretazione dei pugilatori-atleti, impegnati in cruenti giochi sacri, secondo quanto aveva già ipotizzato il Lilliu per i bronzetti omologhi.
Articolo dell'Unione Sarda del 13/12/2015, con riferimento ai traumi ed ai segni di usura dovuta all'attività muscolare riscontrabile sui resti ossei degli inumati di Mont'e Prama. |
Ero finalmente riuscito a realizzare una sfera in cuoio indurito che si adattasse alla mano, come mostravano i bronzetti da Dorgali e da Vulci. Il para-avambraccio completava il tutto. Mancava solo una cosa: era necessario inserire le letali borchie che rendevano i caesti nuragici delle vere e proprie armi.
Purtroppo incappai in un problema apparentemente irrisolvibile, non esistevano reperti di borchie nuragiche in bronzo combacianti con quanto si poteva osservare nelle statue di Mont'é Prama. Possibile? Effettivamente erano stati rinvenuti negli scavi archeologici presso varie località dell'isola dei "bottoni" emisferici, ma questi erano stati interpretati dagli archeologi come ornamenti, quasi dei gioielli. I nuragici avevano particolare gusto per gli oggetti in bronzo, meno per quelli in oro ed argento, ritrovati in maniera nettamente inferiore.
Quale era dunque la soluzione?
La mezzaluna borchiata ipotizzata dall'artigiano Carmine Piras, osservata nella sua ricostruzione esposta al suo tempo all'Antiquarium Arborense ed in altre mostre temporanee non mi convinceva: nulla di simile era mai stato rinvenuto, e lo stile di combattimento ipotizzato era essenzialmente moderno, laddove invece nel pugilato antico venivano prediletti i pugni a martello, come gli esempi dei guantoni da Mont'é Prama sembravano confermare:
Al di sotto di una sfera di pelle assolutamente liscia, infatti si osservava una stanghetta ad L (forse di legno?) con un'insolita e singolare borchia piramidale. Questo dettaglio si ripeteva ossessivamente anche nelle altre statue, e a ben vedere, anche nei bronzetti, pure se era stato frainteso da chi ne aveva fatto le varie descrizioni, disegni o ricostruzioni.
Non avevo mai osservato borchie piramidali in bronzo di accertata origine nuragica, ne resti in materiali deperibili conservatisi fortunatamente. Esistevano i già citati "bottoni" emisferici, ma questi erano totalmente dissimili. In pratica, non esistevano reperti paragonabili a quello che vedevo.
Fu durante la ricostruzione dell'elemento a stanghetta che l'intuizione mi colpì, devastante come un fulmine:
quell'elemento ligneo ad L che avevo ricostruito e che cercavo vanamente di collocare in un guanto sferico non era parte di una borchia metallica.
Si trattava della guardia di un cosiddetto pugnale ad elsa gammata.
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Ecco perché i "pugilatori" presentavano traumi da combattimento, ma stranamente poche fratture dovute all'uso di simili guantoni. Ecco perché sulle statue si osservano i chiari segni delle pugnalate riempite di color rosso ocra, ed ecco perché i "pugilatori" usano uno scudo. Non dovevano difendersi dalle botte di un ipotetico guanto da pugilato borchiato, ma dalle letali pugnalate che cercavano reciprocamente di assestarsi.
Questo spiega il perché ci si trovi di fronte ad una necropoli con individui deceduti tutti più o meno in giovane età, con delle statue (ora è chiaro) che li raffigurano.
Quelli di Mont'é Prama non erano, pugili o pacifici atleti,
erano veri e propri gladiatori, stranamente tutti appartenenti a famiglie imparentate tra loro (quindi non degli schiavi) fatti combattere per delle specifiche ragioni, che forse solo la ricerca scientifica ci potrà spiegare.
Personalmente ho voluto dare il mio semplice contributo, come Dottore in Scienze Naturali, come rievocatore, ricostruttore, marzialista ed archeologo sperimentale.
Credo fermamente che la ricerca scientifica, specialmente l'archeologia, debba avvalersi il più possibile di altre discipline utili a fornire un quadro più completo di quanto viene studiato.
La rievocazione storica ad alti livelli, unita alle pratiche delle arti marziali storiche, della ricostruzione dei manufatti antichi e della loro interpretazione mediante i metodi dell'archeologia sperimentale (non la semplice realizzazione di manufatti artigianali) può ancora fornirci delle risposte, o almeno delle possibili ipotesi, sul nostro passato più remoto.
In fede,
Alessandro Atzeni
Reading, Inghilterra (UK).
09/11/2016
La scoperta dei "Gladiatori di Mont'é Prama" è già stata pubblicata in anteprima sulla rivista "Lacanas" nel settembre 2016, ed è contenuta nell'ampio volume, edito ora dalla Condaghes: "Gherreris, dai bronzetti alle statue di Mont'é Prama", assieme ad altre innovative scoperte sulla civiltà nuragica. Sotto sono disponibili i link alle due pubblicazioni:
Link all'articolo "Ecco le nuove scoperte di Mont'e Prama: pugilatori o gladiatori?" pubblicato su "Lacanas".
Link alla pagina del libro "Gherreris - dai bronzetti alle statue di Mont'e Prama", sul sito web della casa editrice "Condaghes".
Link alla pagina del mio sito web sul libro, con ulteriori approfondimenti al riguardo.
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