mercoledì 2 febbraio 2011

Quel volto nuragico su quel libro: recensione di "Dalla scura terra".


Sono nella sede della nostra associazione. Mi capita un libro fra le mani. In copertina un volto noto, quello del mio frade Luca Bernardini. Il romanzo è di un autore dal nome familiare. Quell'Antonello Pellegrino la cui penna avevo già apprezzato in BRONZO.
Noto subito che la grafica della copertina è cambiata, distaccandosi molto dallo stile del predecessore. Anche l'editore non è lo stesso. Arkadia editore. Che sia successo qualcosa alla condaghes edizioni?
Sfoglio velocemente il libro. Leggo la presentazione in quarta di copertina.

"Quella notte, dopo aver inutilmente cercato di infondere entusiasmo nei suoi, si alzò. Il cielo maledetto era coperto. Era così da giorni e raffiche di vento freddo di terra spazzavano la spiaggia sassosa sulla quale avevano ormeggiato la nave.
Sopra la testa di Olai torreggiava alta la protome di toro dalle lunghe corna. Nel buio, tra lame di gelo che filtravano nel mantello di ruvida lana nera, il guerriero la fissava muto.
Aveva mille pensieri, ma poche parole per esprimerli, rimase così in silenzio. Pregò il grande padre, ma le invocazioni silenziose che meditava parevano non bastare; estrasse allora il pugnale dorato che portava sul petto e, lentamente, si incise il palmo della mano sinistra. Lo strinse fino a far gocciolare il sangue, quindi battè forte il palmo sull'asse che sosteneva la polena.
Sollevò lo sguardo; tra le nuvole, lontano ad occidente, un lampo silenzioso illuminò il contorno del simulacro del Dio.
Olai decise che era un buon segno e cercò di spingere a forza serenità nel suo cuore mentre rientrava al campo."

Interessante. Con quello stile agile e piacevole che caratterizzava anche il volume precedente.

Qualche settimana dopo mi ritrovo il libro tra le mani, pronto ad essere divorato.
Leggo con piacere quelle 315 pagine di ottima narrativa Sarda. Un misto tra romanzo storico e thriller alla Dan Brown, con tanto di assassino dai capelli biondissimi, armato di affilati sigilli di morte e tanta, meticolosa, follia.

Leggiamo la presentazione sul sito dell'editore:

"Irlanda, in un prossimo futuro. Alcuni ricercatori si concentrano su un ritrovamento archeologico molto inusuale. Due corpi avvinghiati nella morte, sprofondati nella torba. Che segreto nasconde il loro decesso? Perché qualcuno si interessa così da vicino ed in modo estremamente pericoloso agli studi che la dottoressa O’Connor effettua sulle mummie? Ai suoi occhi si apre un mondo affascinante, sconosciuto, che un giovane archeologo sardo, volato fino a Dublino, cerca di decifrare, anche con l’aiuto della collega irlandese.
Scopriranno a loro spese che il passato, a volte, non è solo materia per bonari studiosi. Scopriranno le tracce di Olai e dei suoi guerrieri Sherdna, venuti dal mare in cerca dello stagno, per forgiare le loro temibili armi, ed approdati laddove una popolazione locale, guidata da una affascinante sacerdotessa della Grande Madre, cerca di difendersi dai terribili demoni Fomor, un branco di esseri il cui unico scopo è quello di distruggere, saccheggiare, depredare. Un filo doppio lega i destini di Thelma O’Connor, Gianni Mele e del nuragico Olai, un rapporto che affonda negli angoli bui della storia, in un passato dimenticato, fatto di eroi e di uomini coraggiosi. Un passato però che rischia di essere esiziale per i due scienziati, braccati da chi non ha nessun interesse che le loro scoperte siano portate all’attenzione del pubblico."

Sicuramente intrigante. Anche se leggermente ingannevole.
Perchè nel libro la vera protagonista è lei, la dottoressa O' Connor, non quel Gianni Mele, che il lettore aveva già conosciuto nel precedente racconto.
Non che il cambiamento di prospettiva sia così traumatico. Il romanzo rimane godibilissimo e di ottima qualità.
La seconda parte evidenziata in neretto invece è (almeno a mio parere) decisamente imprecisa. Chi leggerà il romanzo (o chi l'ha già letto) vedrà se è il caso di dissentire o meno.
Per quanto riguarda l'ambientazione il romanzo subisce una svolta improvvisa. Le lande che nel precedente volume avevamo visto incredibilmente lontane, in dalla scura terra diventano lo scenario in cui si svolge la maggior parte dell'azione.
Intrigante, almeno per il sottoscritto (che è sempre stato un appassionato di miti Celtici ed Irlandesi) la riproposizione delle guerre tra Tùatha Dé Danann e i Fomor sotto il profilo "storico". Pellegrino affronta di petto un dilemma archeologico che rimane un incognita tutt'oggi per diversi studiosi.
Da dove proveniva lo stagno che serviva agli antichi Nuragici per produrre i numerosissimi manufatti di bronzo che venivano utilizzati nella guerra e nella vita civile, e che oggi riempiono le ricche vetrine dei vari musei sardi?
Con quel potentissimo mezzo che è il romanzo storico, Pellegrino ci fa viaggiare con la nave dei nostri guerrieri Sherdna verso le mitologiche isole Cassiteridi (raggiunte oltretutto dai Fenici e note anche ai Greci secoli dopo). Lungo quei percorsi che sono stati solo ipotizzati dagli studiosi "ufficiali", sempre senza troppa convinzione.
Eppure il fatto è incontestabile ( e su questo si basa la trama di entrambi i libri) ovvero che in Sardegna c'è tantissimo bronzo nei rinvenimenti archeologici, discrete quantità di rame nel sottosuolo minerario, ma praticamente niente, o pochissimo Stagno (non mi si dica che nei monti di Villacidro c'è abbastanza cassiterite da rifornire la produzione metallurgica di tutta la Sardegna, vi prego!).
Qual'è la soluzione?
Forse i nuragici rimanevano sulle loro torri, con lo sguardo verso l'orizzonte, in attesa che degli improbabili mercanti portassero loro il prezioso metallo?
Oppure salpavano, con le loro agili navi dalle protomi stilizzate, verso le terre del nord, per prendere con le loro stesse mani quel metallo bianco di cui avevano assoluto bisogno?

Una domanda cui solo la ricerca archeologica potrà mai dare una risposta.
Per ora limitiamoci a salpare sulla la nave della fantasia, con questo vento di speranza che Antonello Pellegrino ci ha regalato.


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